Il Capofamiglia

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La madre e la sua famiglia in Il capofamiglia
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In una famiglia egiziana la donna è completamente succube del marito, che lavora e porta i soldi a casa. Da lui riceve i soldi per la spesa. Ella cucina quello che vuole lui. Le resta la cura dei tre figli che vengono trattati dal marito meglio di lei.
Durante una festa, un incantesimo venuto male trasforma l’uomo in un pollo e lei è costretta a prendere decisioni, cercando di lavorare e guadagnare, fino a diventare il capofamiglia ed emanciparsi.

Approcciandoci a un film del genere ci rendiamo conto di una differenza di stile e culturale già a partire dal modo di presentare i personaggi. Nella prima parte della storia parla quasi solo il marito, più con i figli che con la moglie. Lei parla pochissimo anche nella seconda parte, quando diventa involontaria protagonista.

Come donna non è stata abituata ad esprimersi né tantomeno ad imporsi. Succede pure che quando ha bisogno di qualcosa questo si capisce dal contesto o al massimo da una breve frase di lei cui segue l’azione. Un’azione spesso provocata con l’aiuto di uomini, che siano l’amico di famiglia o qualche generoso datore di lavoro. Però dato il contesto non ci si può aspettare di più. Le scene di lei rendono incredibilmente comunque grazie alla recitazione in sottrazione, quasi solo mimica, di Demyana Nassar.

La società presentata non è poi così accogliente. La donna non può nemmeno lavorare nella fabbrica dove lavorava il marito, fabbrica che prenderebbe piuttosto invece il figlio piccolo, in quanto maschio. In tutto questo la donna si deve pure occupare del marito divenuto pollo, poiché ha bisogno di cure veterinarie e cibo speciale, mentre cerca un contro incantesimo per farlo tornare in forma umana. Elemento che si impone è l’estrema sporcizia e trasandatezza dei luoghi di ambientazione come la casa, la fabbrica, le strade e pure gli studi medici sporchi; insieme ad altre scene crude in un contesto dove la necessità è più importante della forma; anche se i ricchi e puliti esistono pure lì.

C’è una simbologia ricorrente e curiosa. Il marito aveva comprato una fontanella decorativa di gusto pacchiano e piuttosto fuori luogo considerando che la casa dove vivono è fatiscente e la famiglia ha ben altre necessità, essendo in arretrato con pagamenti vari. Altri tipi di fontane si vedono dopo, mentre la donna sta lavorando e creando gli strumenti della sua sussistenza e poi presso una piscina dove la madre porta i suoi figli, dove può regalare loro dello svago. L’acqua che scorre è anche un’oasi di tranquillità e pulizia rispetto alla sporcizia e le difficoltà dell’ambiente circostante.

La storia si regge in equilibrio tra la fiaba di un uomo trasformato in animale e la denuncia sociale di una donna che deve ma poi vuole farsi strada da sola. Parti drammatiche si alternano a situazioni grottesche e pure ironiche. Il film di Omar El Zohairy, il suo primo lungometraggio, è stato presentato alla Settimana della Critica di Cannes nel 2021 e, come la sua protagonista, merita un’occasione per essere scoperto.

Il capofamiglia -locandina
Il Capofamiglia – Locandina
Il Capofamiglia

Regia: Omar El Zohairy

Cast: Demyana Nassar, Samy Bassiouny, Fady Mina Fawzy, Abo Sefen Nabil Wesa, Mohamed Abd El Hady, Jana

Durata: 114 minuti

Uscita: 16 marzo 2023

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REVIEW OVERVIEW
Buono
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Esperto di Cinema da tanti, tanti, troppi anni.
feathersIn equilibrio tra fiaba e denuncia sociale, un evento magico costringe una donna ad emanciparsi tra le difficoltà e le soddisfazioni della libertà. Il film di Omar El Zohairy, il suo primo lungometraggio, è stato presentato alla Settimana della Critica di Cannes nel 2021 e, come la sua protagonista che si esprime recitando in sottrazione, merita un’occasione per essere scoperto.

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