Regia di Virgilio Villoresi
“A volte per ritrovare qualcuno bisogna attraversare il buio dentro di se”
( Eura , Giulia Maenza )
“La musica non salva , ma illumina ciò che perdiamo“
( Orfeo, Luca Vergoni )
Sorprendente esordio di Virgilio Villoresi, che trasforma la materia del mito e la modernità di Buzzati in un film che sembra respirare come un sogno fatto a mano.
Orfeo è un’ opera visionaria che unisce recitazione dal vivo, animazione e un’estetica artigianale. Il protagonista è Orfeo( Luca Vergoni ) , un pianista introverso che passa le sue giornate fissato da una villa in rovina che domina la vista dalla sua finestra.
Una notte nel cabaret Polypus, conosce Eura ( Giulia Maenza), una danzatrice enigmatica. Tra i due nasce un legame intenso e velato di malinconia. Ma la giovane custodisce un mistero e , all’improvviso, svanisce. Orfeo la scorge mentre entra in una minuscola porta in via Saterna e decide di seguirla.
Oltre quella soglia si apre un mondo ultraterreno, sospeso e visionario, popolato da figure simboliche , soldati scheletrici, creature metà donne e metà serpente, il Mago dei Boschi, lUomo Verde. In questo spazio surreale, Orfeo è costretto a confrontarsi con la perdita, la memoria e il desiderio, in un percorso che è insieme mitologico e profondamente interiore.
Un aspetto fondamentale del film è il profondo rapporto del regista con Dino Buzzati e , in particolare con “ Poema a Fumetti ( 1969), opera considerata da molti come la prima graphic novel italiana.
Villoresi non si limita a riportare sullo schermo ciò che Buzzati aveva creato, ma rielabora quel mondo, lo rianima e lo trasforma, pur conservando la Milano malinconica e il continuo dialogo tra vita e morte che caratterizzano l’opera originale.
Buzzati, da parte sua, era già attratto dal mito di Orfeo ed Euridice, che aveva reinterpretato in modo contemporaneo, con un’ atmosfera lirica, sospesa e carica di sfumature crepuscolari.
Il regista racconta di aver provato una sorta di rivelazione leggendo “ Poema a Fumetti “, come se quelle pagine gli avessero aperto uno spiraglio interiore, permettendogli di riconoscere una sensibilità e un immaginario molto vicini al proprio.
Anche sul piano visivo il film rende omaggio allo spirito di Buzzati , le scenografie, i piccoli set costruiti artigianalmente e l’uso di tecniche manuali richiamano non tanto l’aspetto letterale del suo fumetto , quanto la sua atmosfera poetica e immaginifica.
Non a caso la casa di produzione porta il nome di Fantasmagoria, un termine che richiama immediatamente l’abilità buzzatiana di creare mondi bizzarri, misteriosi e pieni di incanto inquieto.
In definitiva Buzzati non è solo una fonte di ispirazione ma è una presenza che permea il film in profondità, quasi una guida invisibile che ne orienta lo sguardo e l’estetica.
La colonna sonora porta la firma di Angelo Trabace , e nel film non svolge un ruolo accessorio, ma è una componente narrativa vera e propria. Più che accompagnare le immagini , la musica suggerisce stati d’animo, fa emergere ricordi, silenzi e mancanze. Le linee di pianoforte diventano cuore emotivo della storia.
La scelta di questo strumento non è casuale, riflette l’identità di Orfeo come musicista e diventa un ponte simbolico tra il mondo reale e la dimensione ultraterrena in cui il protagonista si avventura.
Inoltre, l’intero impianto sonoro segue la filosofia estetica del film, niente effetti digitali invadenti ma un flusso musicale morbido che sembra provenire dall’interiorità stessa del personaggio, come un’eco dei suoi sentimenti profondi.
I costumi del film, realizzati da Sara Costantini, giocano un ruolo essenziale nel definire l’atmosfera sospesa che attraversa l’intera opera.
Non sono semplici abiti di scena ma sembrano quasi annunci o abiti simbolici, capaci di definire il confine tra il reale e l’onirico. La cura è minuziosa, nulla è accessorio, come se l’abito fosse una seconda pelle dell’animo.
Nel Teatro Polypus, gli abiti sembrano usciti da un sogno Art Nouveau, con le sue vetrate, i lampadari e gli arredi che evocano la raffinatezza delle arti figurative del primo Novecento.
L’abbigliamento diventa un elemento strutturale dell’immaginario del film.
Virgilio Villoresi, firma con Orfeo il suo primo film di lunga durata, dopo anni dedicati ad un cinema delle immagini pure, spot pubblicitari, videoclip, cortometraggi, fashion film e numerosi lavori sperimentali. Il suo approccio alla regia nasce da una convinzione profonda che il cinema deve essere costruito con le mani, come un oggetto fragile e prezioso. Per questo motivo sceglie la pellicola 16 mm, scenografie realizzate artigianalmente, miniature , animazioni in stop-motion e trucchi ottenuti direttamente sul set, come l’uso di vetri inclinati per generare apparizioni e presenze fantasmatiche.
L’insistenza sull’artigianalità diventa una presa di distanza consapevole dal dilagare dell’immagine digitale e dai suoi automatismi, una sorta di resistenza creativa che riafferma il valore del gesto manuale e dell’immagine materica .
Il film ha un aspetto visivo originale e molto artistico. Unisce mito Buzzati e la visione del regista in una storia emotiva che comunica più con le immagini che con la trama.
Luca Vergoni offre un Orfeo delicato ma intenso che diventa un alter ego dello spettatore , Giulia Maenza una Eura enigmatica e Vinicio Marchioni dà all’uomo verde un forte valore simbolico.
Non è certamente un film per tutti. L’opera ha un andamento meditativo che però può non convincere chi preferisce storie più lineari.
La sua narrazione è più evocata che raccontata con molti elementi simbolici e lo stile artigianale potrebbe risultare poco immediato al grande pubblico.
Orfeo di Virgilio Villoresi è tra le opere più originali dell’anno. Non una semplice rilettura del mito di Buzzati, ma una reinterpretazione poetica che attraversa sogno, ricordo e perdita. Con un’estetica artigianale, una musica sottile e costumi dal sapore ultraterreno, il film crea un universo visivo che appare insieme nuovo e sorprendentemente vicino. Ideale per chi ama un cinema artistico e contemplativo, offre un’esperienza intensa e fuori dagli schemi.












