Itaca. Il Ritorno

0
62
Google search engine

Che cosa dirà la gente quando vedrà che sono tornato da solo… che ho condotto i loro uomini alla morte? (Odisseo – Ralph Fiennes)

Dopo lo splendido Nowhere Special – Una storia d’amore (2020), capace di emozionare in modo delicato con il suo struggente inno alla perseveranza nella ricerca della gentilezza, ritroviamo Uberto Pasolini a dirigere un’opera ancora una volta introspettiva, che carica il protagonista, non più solo figura paterna, ma anche marito e re, di un fardello costruito con sensi di colpa e responsabilità, che ne annebbiano l’antico splendore e carisma.

Ralph Fiennes nei panni di Odisseo è un uomo trasformato, gli occhi persi nel vuoto, distrutti da una battaglia senza veri vincitori e da un ritorno a casa traumatico e quasi temuto: un uomo incatenato dai rimorsi, troppo grandi per tornare a mostrarsi agli occhi di un popolo al quale non potrà che dare brutte notizie. Il suo ritorno è una corsa ad ostacoli volontaria, forse peggio dell’esilio: sente ormai la guerra entratagli sottopelle, diventando impossibile pensare di tornare come prima. I suoi occhi parlano chiaro, ma non le sue parole: solo in un’occasione rivela i suoi pensieri, chiamando “fortunati” coloro che sono morti, non quelli che sono sopravvissuti. Il tempo gli sembra ormai vuoto, ed egli naviga in un costante senso di inadeguatezza, uno stress post traumatico figlio dei danni che la guerra arreca anche ai più virtuosi: l’uomo che predicava nella divina commedia il “fatti non foste a viver come bruti, ma per seguire virtute e canoscenza” è, ormai, l’ombra di se stesso.

Ad Itaca, nel frattempo, Penelope ha il compito di tenere a bada i cittadini pronti a prenderne la mano e, interpretata da Juliette Binoche, agisce da donna sobria e risoluta nella sua cieca e convinta fedeltà verso il disperso marito, rappresentando una fermezza che ben si sposa all’austerità della scenografia, che lascia da parte qualsiasi tentativo di abbellimento od ostentazione. Viene evitata qualsiasi caratterizzazione, tanto che l’opera potrebbe essere ambientata in una generica isola del Mediterraneo: se non per i costumi, i riferimenti al presunto periodo storico sono assenti, così come dei propositi di conferire maestosità ai protagonisti o alla loro dimora. Emerge anzi una grande semplicità della vita e l’idea che questa sia la vera costante: Odisseo, ad esempio, che appaia come mendicante, marito o re, si mostra sempre allo stesso modo; ciò che cambia non è la ricchezza esteriore, ma quella interiore, quando egli dimostra a sé e alla sua famiglia di meritare ancora di farvi parte.

Tutto sull’isola è molto spoglio, crudo e viscerale, dove non c’è spazio per la filosofia e per la ragionevolezza. Il contrasto è, anzi, il vero primo cittadino, dove ogni giorno cresce il fermento dovuto all’estenuante attesa che Penelope decida il prossimo re. Ella, com’è noto, cerca di guadagnare tempo ogni notte facendo e disfacendo una fantomatica tela, e i pretendenti al trono diventano ogni giorno più insistenti, arrivando a dare un ultimatum alla regina, che si rende conto che la loro pazienza è al limite. In tutto ciò, suo figlio Telemaco è ogni giorno più in pericolo, in quanto troppo giovane e impreparato per governare, ma troppo grande per non rappresentare una minaccia futura.

Purtroppo, invece, gli altri personaggi non sono all’altezza del carisma di Fiennes e Binoche; Claudio Santamaria cerca di tenervi testa col suo personaggio, ma soprattutto il gruppo di presunti spasimanti di Penelope si presenta scarno e incapace di creare un contatto emotivo con gli spettatori, diventando semplici pedine di una sceneggiatura con il pilota quasi automatico. Si discosta in parte da questo binario Charlie Plummer, che, come Telemaco, cerca di emergere anche grazie ad incomprensioni quasi edipiche con padre, le cui risoluzioni però risultano accelerate, impedendo loro di maturare quanto avrebbero dovuto.

In maniera simile, soffrono anche le musiche, che, se partono inizialmente molto evocative, si adeguano presto al sobrio profilo del film, dove i dialoghi brevi e l’accumulo di pensieri celati guidano alla sua semplificazione, tornando ad arricchirsi solo nella parte finale.
Ciò che traspare con forza dall’opera è, in ogni caso, l’archetipico dilemma dell’uomo che, per proteggere la sua casa, va a combattere senza sapere che poi tornerà cambiato e incapace di abitarla come prima: il tema della guerra, della sua capacità di attirare l’uomo e di come questa diventi, per alcuni di loro, una prigione travestita da nuova casa si innalza a questione irrisolvibile della vita, e sicuramente lascia più di un pensiero nello spettatore, quindi peccato che manchi la distribuzione di pathos lungo tutta la pellicola e su più personaggi, con un grande divario di fascino tra le scene, dove solo poche si salvano da una tela finale un po’ sbiadita.

Itaca. Il Ritorno

Regia: Uberto Pasolini

Voci: Ralph Fiennes, Juliette Binoche, Charlie Plummer,
Tom Rhys Harries, Marwan Kenzari, Claudio Santamaria

Durata: 116 minuti

Uscita: 30 gennaio 2025

Google search engine
REVIEW OVERVIEW
Sufficiente
Previous articleDiamanti
Next articleWe Live in Time
Appassionato di videogiochi, cinema, libri e podcast, cerca l'arte in ogni medium, la riflessione dietro ogni inquadratura. Cerca di essere eclettico nei gusti ed equo nei giudizi, consapevole che sono vita, esperienze e amicizie fuori dallo schermo i veri fautori del modo di declinare le proprie passioni
itaca-il-ritornoUberto Pasolini cerca di reinventare gli ultimi canti dell'Odissea eliminando tutte le parti divine e soprannaturali, impoverendo, però, troppo la storia e rendendola una sorta di documento storico che ripercorre gli eventi come se realmente accaduti, a discapito di un risultato finale che paga la povertà di espressione e scrittura di personaggi secondari e antagonisti, ma che resta invece impresso, nonostante tutto, per la capacità di esporre un Odisseo affranto, meditabondo e impaurito, emblema e araldo di tutti gli uomini segnati dalla guerra che, come un abito troppo stretto, resta loro avvinghiata anche quando, tornati a casa, vorrebbero dimenticarla.

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here